I brand boicottano Google: sotto accusa Ad Exchange e AdSense

Lo chiamano il grande esodo. Molte big company americane stanno ritirando i loro investimenti pubblicitari, sia su Ad Exchange che AdSense, i due strumenti principali con cui Google vende advertising online. Tra i protagonisti del boicottaggio ci sono PepsiCo, Walmart, Dish, Starbucks, GM, AT&T e Verizon che lamentano di vedere il loro brand associato a contenuti razzisti, omofobi e antisemiti.
Una patata bollente per una delle aziende più potenti al mondo che ora ha bisogno di trovare soluzioni per ripulire le sue piattaforme (YouTube, in primis) da contenuti offensivi che rischiano di danneggiare la reputazione dei publisher.
Il boicottaggio di Ad Exchange e AdSense
Secondo una dozzina di big company inglesi e americane Google non è stato capace negli anni di dotarsi di policy per evitare il propagare di contenuti offensivi sulla Rete. E questo causa danni di immagine ai brand che decidono di investire utilizzando Ad Exchange o AdSense. Uno dei primi brand ad accusare Google è stato L’Oréal.
Una sua campagna, che lancia un’iniziativa benefica per offrire formazione ai giovani, è apparsa all’interno di un video di Steven Anderson, il rappresentante di un partito di estrema destra polacco. La pubblicità dell’azienda è emersa non appena Anderson ha spiegato nel suo discorso “che gli omosessuali non sono nati come tali e che andrebbero bruciati”.
A rischio l’advertising su YouTube
Quello di L’Oréal è solo uno degli episodi. Altri altrettanto gravi hanno avuto come protagonisti, Coca-Cola, Amazon.com e Microsoft, le cui pubblicità sono apparse all’interno di video antisemiti, secondo un’inchiesta realizzata da The Times di Londra. I nodi da sciogliere per Google sono tanti e spessi. Da una parte c’è la questione delicata del programmatic advertising, il sistema sul quale poggia molto dell’universo pubblicitario di Big G (con Ad Exchange e AdSense, in testa). In sostanza Google usa degli algoritmi che decidono dove piazzare la pubblicità dell’inserzionista.
E poi c’è l’altra questione che rimanda alla filosofia di YouTube che ha aumentato la sua popolarità proprio grazie all’estrema libertà che ha concesso ai creatori di contenuti. Contenuti per i quali non è responsabile secondo le leggi federali. Ma ora, a seguito del boicottaggio dei brand, ha bisogno di agire tempestivamente per rassicurare gli nserzionisti che, con i loro investimenti, hanno portato 11 miliardi di dollari nelle casse solo di YouTube lo scorso anno.
Come Google vuole rilanciare Ad Exchange e AdSense
«Abbiamo iniziato a rivedere le nostre policy sull’advertising e stiamo apportando nuovi cambiamenti per dare ai brand più controllo su dove appaiono i loro ads», spiega un portavoce di Google. L’azienda ha anche promesso di aver ideato nuovi strumenti in grado, grazie all’intelligenza artificiale, di individuare contenuti offensivi sulla Rete e segnalarli. Riusciranno queste misure a riportare la fiducia degli investitori in Ad Exchange e AdSense.

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