#SocialPoliticsDay. Le elezioni al tempo dei social: “La spinta al cambiamento è stata dettata da diversi fattori e dinamiche”

Le conversazioni degli utenti italiani sui socialmedia sono state lo spunto per realizzare una ricerca, condotta nel periodo precedente e successivo alle elezioni 2018, che cercherà di dare una risposta ai due interrogativi che hanno caratterizzato il dibattito politico delle ultimo mese – e cioè perché gli italiani hanno deciso di cambiare tutto, con il loro voto alle recenti elezioni politiche, e cosa si aspettano dal governo che verrà – durante il dibattito “#SocialPoliticsDay. Le elezioni al tempo dei social”.

Non bastano i social network per vincere o per perdere un’elezione. Sarei cauta riguardo all’allarme lanciato da molti sulla possibilità dei social di influire da soli e così tanto sui comportamenti elettorali degli utenti. Gli studi che provano questa interferenza sono pochissimi e piuttosto limitati – soprattutto geograficamente e relativamente agli USA. Avendo vissuto e lavorato in questo campo, durante questa fase di passaggio dai media tradizionali a quelli digitali, sono convinta che l’effetto di una campagna Facebook sugli elettori sia analogo a quello che poteva avere la TV 20 anni fa: molto dipende dalla cultura personale dell’elettore e dalla sua tendenza a farsi influenzare, oltre ovviamente al suo retroterra politico e culturale. Inoltre, tutti i sistemi di comunicazione interagiscono fra loro, anche già da molto prima del periodo pre elettorale, ed è quindi complicatissimo stabilire cosa ha influito di più. Sicuramente, però, i social network rappresentano oggi uno strumento necessario: nessuno può fare a meno di utilizzarli.
Per te, che ti occupi di comunicazione, cos’è cambiato nel momento in cui sono entrati in ballo i social?
C’è stato un cambiamento radicale. Proprio per il tipo di comunicazione che facciamo noi: non siamo una agenzia di pubblicità, la nostra comunicazione è fatta di contenuti corporate, veicolati attraverso una multicanalità tipica solo del lavoro di una “lobbying firm“. L’obiettivo è orientare l’agenda, la riflessione e l’opinione delle classi dirigenti in senso ampio e dei decisori pubblici in senso stretto. Perché se è vero – come ho detto prima – che bisogna stare attenti a dare troppa importanza all’influenza sul grande pubblico, consumatori o elettori che siano, è chiaro che la quasi totalità dei decision makers, presenti nelle istituzioni e nel mondo dei media, usano i social per capire “quanto conta” una determinata posizione o una specifica tematica nell’ambito dell’opinione pubblica. Forse sbagliano, ma questo a noi non interessa. Interessa invece saper usare le opportunità della rete e della digitalizzazione che permettono di guadagnare spazi di attenzione. Ovviamente sempre che il contenuto sia interessante e ben scritto. I social sono meritocratici. Contenuti grigi, senza spunti, scritti male, non interesseranno a nessuno, anche se sostenuti da poderose campagne. Se la cosa da comunicare è solida, contiene citazioni e riferimenti ed è ben trasformata in contenuto digitale, può essere determinante per far cambiare opinione su un singolo tema al Parlamento o al Governo o per farlo finire in cima ai palinsesti dei media mainstream. Per tale ragione, gestire i social non può essere un’attività amatoriale o improvvisata: richiede tanta professionalità e competenza.

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