Come usare social e web per una comunicazione efficace: lo spiega Pier Donato Vercellone

Una vita nella comunicazione per Pier Donato Vercellone. Nike, Telecom, Comune di Milano e Costa Crociere, sono solo alcune delle aziende in cui ha avuto ruoli manageriali. Direttore Communication & CSR di Sisal Group, la scorsa estate è stato eletto alla presidenza di Ferpi, la Federazione Relazioni Pubblica Italiana.
Ospite di uno dei nostri eventi alla Festa della Rete, ci offre in quest’intervista alcune anticipazioni dei temi che tratteremo a Milano il 3 dicembre.
Cosa significa per chi non è un nativo digitale incontrare blogger e youtuber alla Festa della Rete?
«Quando sono nato come comunicatore esisteva l’analogico e del digitale si parlava ancora poco anche se si affacciava sul mercato. La Festa della Rete per me è l’occasione per un proficuo scambio e confronto con i nativi digitali, per capire come si muovono nella Rete, e quali tecniche di comunicazione vanno per la maggiore. Mentre per le imprese è il luogo giusto per creare sinergie con gli influencer del web e capire come trasmettere messaggi credibili agli utenti».
I social sono il luogo della disintermediazione e ti danno la possibilità di avere un impatto diretto sugli utenti… Come si comunica senza mediazione?
«Sì, oggi sono fondamentali. Personalmente mantengo sempre un atteggiamento da “ibrido digitale” poiché non è possibile dimenticare i canali tradizionali. La Rete è qualcosa di diverso che ci impone di costruire fiducia e credibilità, più di altri mezzi. E di essere più responsabili come comunicatori divulgando messaggi chiari e legati ai fatti. Altrimenti viene a mancare la fiducia reciproca necessaria alla costruzione di qualsiasi buona relazione offline come online».
Un esempio di cattivo uso è il caso di Beatrice Di Maio?
«Non è l’unico caso di miscommunication. Ci sono diversi tentativi di usare la Rete in modo improprio, rispetto agli intenti con cui è nata. Bisogna fare molta attenzione per bloccare sul nascere il proliferare di questi fenomeni».
In una nostra intervista Claudio Velardi, ha ipotizzato un futuro nel quale social e informazione di qualità saranno a pagamento, “perché le buone idee si pagano, le cazzate no”. Che ne pensi a proposito?
«Ma si può arrivare a più strade. Oggi ci sono tentativi di personalizzazione, fondazioni che fanno capo a grandi magnati che stanno lavorando sul genoma con teorie e tecniche che in futuro potranno condizionare il marketing e il mondo delle offerte sul web. Che siano a pagamento o meno, quello che bisogna monitorare è che non ci siano distorsioni e che la Rete non finisca in mano a pochi. Quando un fenomeno diventa un business c’è sempre il rischio che questo avvenga».
Ferpi, la Federazione che guidi, è una vecchia signora autorevole che prova a stare a passo con i tempi…
«Sì, è una bella e saggia signora con grande tradizione e lo sguardo proiettato sul futuro. Stiamo lavorando con guru della comunicazione digitale proprio alla scopo di rendere la Federazione un punto di riferimento sempre più importante per i professionisti del campo. Molto stiamo facendo sul tema della trasparenza in Rete. Si inserisce in questo campo la nostra iniziativa Bilanci da Oscar che premia le aziende più virtuose nella rendicontazione economica e nei rapporti con gli stakeholder offline, ma soprattutto online».
In Italia c’è ancora tanta sorpresa di fronte a politici come Donald Trump che usano la Rete per ottenere consensi. Non dovrebbe essere ormai la norma?
«Sì, anche Obama stesso ha fatto un’operazione simile diversi anni prima. Trump da buon imprenditore ha capito che quello che è l’establishment dell’informazione ha una presa ormai limitata su una gran parte dell’opinione pubblica e l’ha persa su diversi segmenti della società. E in questo ha saputo cogliere le potenzialità della Rete nell’allargare il messaggio. Un’operazione simile a quella fatta dal Movimento Cinque Stelle nel nostro Paese».
Chi è il maggiore influencer in Italia, la tv o Facebook?
«La tv è ancora un media di grande influenza soprattutto in Italia dove il digital divide ha un peso ancora così rilevante. Mi auguro che il web, anche grazie al nuovo consulente del Governo, Diego Piacentini, sappia colmare questo gap. L’Italia ha bisogno di mettersi al passo con altri Paesi europei, come quelli scandinavi, dove il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini si realizza quasi esclusivamente sul digitale».

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