Socialcom Italia - Novembre 11, 2016

La dittatura dei software di Google, Facebook e Amazon

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Il successo su Internet? È tutta una questione di algoritmi. Software sempre più sofisticati e intelligenti sono alla base dei miliardi di dollari dei big del tech, come Google, Amazon, Facebook.

Gli algoritmi sono una ricetta molto segreta, custoditi gelosamente alla pari di quelli della Coca Cola. Eppure vederci più chiaro sul funzionamento di questi software sarebbe cosa buona e giusta, visto che condizionano tutta la nostra vita, da quello che compriamo, guardiamo, fino a ciò che sentiamo o pensiamo.

L’Europa vuole capirci qualcosa in più e chiede ai big del tech americano di offrire più dettagli su come classificano le informazioni e i dati sui motori di ricerca.

Ma finora senza risultati.

Quando la dittatura parte da un software

Il Vecchio Continente è l’ultimo baluardo contro un sistema oscuro che usa software per pescare nelle info degli utenti ed eliminare la concorrenza alla base.

Con Google la lotta è antica ormai. È partita dal 2010 quando l’Antitrust  ha accusato la holding del web di gestire i risultati della ricerca in modo sleale, dando più rilevanza ai propri servizi, che a quelli della concorrenza. Bruxelles aveva capito la minaccia di questi software nei confronti di un corretto sviluppo del mercato.

Poi è scoppiato Facebook con il suo EdgeRank, l’algoritmo che determina la visibilità di un post o una pagina in bacheca. Ma come funziona? Nessuno pare averlo capito davvero.

Quello che si sa è che i risultati che ci appaiono sulla home del social network sono dettati dagli interessi che l’utente ha mostrato precedentemente. Ipotesi che spaventa, se ci pensiamo, bene poiché ci mette in una condizione in cui vediamo e leggiamo, solo quello con cui siamo d’accordo. La morte del pensiero critico per mano di un software?

Cosa chiede la Commissione europea

L’Europa, intanto, indaga. Partiranno una serie di inchieste per capire come funzionano questi software, in che modo organizzano le news, i post e li classificano nei risultati di ricerca:

«Gli utenti hanno bisogno di maggiore trasparenza, di capire in che modo le informazioni che vengono presentate sono filtrate e personalizzate, soprattutto quando queste informazioni determinano i loro  acquisti o influenzano la loro partecipazione nella vita civile e democratica», si legge nel comunicato rilasciato dalla Commissione. Come svela il sito Euractiv.

Intanto, anche i grandi leader in Europa, si stanno interessando sempre di più ai software dei big del tech e al loro funzionamento.  Anche Angela Merkel ha parlato del rischio di questi algoritmi “di distorcere la realtà”.

Le indagini partiranno nel 2017 e si sa poco su come saranno condotte. Non crediamo che Google, Facebook o Amazon, faranno a gara per aiutare gli investigatori.

Per ora l’unica certezza è su quanto ci costerà questo tentativo: mezzo milione di euro.