Bufale: Google mette al bando un sito italiano

Un sito web italiano, piuttosto noto nella galassia dei blogger di ‘controinformazione’, finisce nella tagliola di Google. La multinazionale lo ha eliminato dal proprio circuito AdSense, il network per i banner pubblicitari creato dal motore di ricerca, insieme a circa 200 siti. Ecco cosa è accaduto.
Guerra alle bufale
Come anticipavamo venerdì, negli ultimi due mesi del 2016, Google ha analizzato circa 550 siti segnalati dagli utenti. La ragione? Avrebbero ospitato contenuti “travisati”, una formula con cui Google identifica «i proprietari di siti web che nascondono la propria identità o ingannano le persone con i loro contenuti». Siti bufalari, per dirla in parole povere.
La nuova policy era entrata in vigore a Novembre, proprio nel momento più critico del dibattito sulle fake news, in seguito all’elezione di Donald Trump. Allora erano finiti nel mirino sia Facebook che Google.
Con il nuovo regolamento, il motore di ricerca ha potuto bannare da AdSense circa 200 siti in maniera permanente. Nel complesso, l’azienda ha agito su 340 affiliati al network, senza specificare il tipo di penalizzazione per gli altri 140 publisher.
Oggi scopriamo che anche un sito italiano è finito tra i 200 esclusi.
L’annuncio
Il blog in questione è Byoblu, di Claudio Messora. Ex collaboratore del Movimento 5 Stelle, di cui è stato responsabile della Comunicazione prima al Senato e poi in Europa, Messora si era successivamente scontrato con i vertici della formazione grillina. Il M5S, nel giugno 2016, era arrivato ad annunciare querela contro il blogger.
Messora è responsabile del video-blog Byoblu, portale di contro-informazione nato nel 2007, che ha accumulato nel corso degli anni un discreto successo. La pagina Facebook di Messora ha circa 80mila fan, l’account Twitter 45mila.
È stato lo stesso Messora con un video su Facebook ad annunciare il “ban” di Google.
Messora definisce l’atto di Google come un «attacco all’informazione libera e indipendente». Parla di una campagna internazionale «contro le cosiddette “fake news” (ma in realtà con l’obiettivo di colpire l’informazione libera e indipendente), orchestrata da Hillary Clinton, dal Parlamento Europeo, da Laura Boldrini, da Angela Merkel».
Le motivazioni che hanno portato all’esclusione di Byoblu dal novero dei siti del network AdSense sarebbero «ridicole o tragicomiche, se non rappresentassero qualcosa di ben più grave».
Il blog di Beppe Grillo ha rilanciato un appello di Messora, evidentemente seppellendo l’ascia di guerra (almeno momentaneamente).
Censura?
Andando oltre le simpatie/antipatie per il personaggio, e la condivisione o meno del modo di fare informazione, la questione si pone, come sempre. Quella operata da Google è una censura? Formalmente no, perché il provvedimento non riguarda la diffusione delle pagine del blog Byoblu. Riguarda piuttosto il network pubblicitario: Google, in quanto azienda privata, può decidere in completa autonomia a chi accordare una percentuale dei propri introiti.
Ma la posizione dell’azienda di Mountain View nel mercato della pubblicità online è forse troppo forte? Già nel luglio scorso, la Commissione Europea presentava un’accusa formale per abuso di posizione dominante contro Adsense. Secondo le istituzioni europee, Google – il motore di ricerca più usato al mondo – darebbe preferenza al proprio network pubblicitario. Accuse che l’azienda ha respinto.
Di certo, però, è difficile vedere come paladino dell’informazione qualcuno che ha scritto un post dal titolo “AIDS, la grande “balla” dell’HIV“. Così riassume la vicenda Gianluca Neri, autore di Macchianera, Cuore, Radio 2:

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