Onlus e distanziamento sociale: intervista a Rita Smoljko

Il Paese sta affrontando la Fase 2 dell’emergenza Coronavirus. Aziende, Imprese ma anche fondazioni e associazioni senza scopo di lucro ripartono con l’obbligo di adottare rigorose norme sanitarie e di distanza sociale. E proprio di Onlus e distanziamento sociale ne parliamo con Rita Smoljko, Responsabile Area Digital AIL (Associazione Italiana contro le leucemie – linfomi e mieloma ONLUS).
- Da ormai quasi 2 mesi la vita di ognuno di noi e il nostro modo di lavorare è cambiato. Come si è organizzata AIL per gestire questo particolare momento?
La gestione delle attività di AIL Nazionale, in questo particolare momento, non ha vissuto criticità di rilievo. Questo è dovuto, molto probabilmente, al percorso di sviluppo e innovazione che negli ultimi due anni l’Associazione ha intrapreso: un percorso di sviluppo delle risorse interne, di innovazione degli strumenti, dotandosi di nuove tecnologie e di strategia sempre più volta al digitale. Poco prima del lockdown, avendo intuito per tempo i possibili pericoli dovuti alla situazione, è stato autorizzato il lavoro agile per tutelare il personale AIL e proprio in questa occasione abbiamo raccolto i frutti di ciò che abbiamo messo in piedi con grande soddisfazione. Nel giro di 24 ore dall’autorizzazione eravamo già tutti connessi e operativi.
- AIL vive anche del contatto con i suoi sostenitori e delle iniziative di piazza, come la vendita delle Uova e delle stelle di Natale. Cosa ha voluto dire per voi perdere questi momenti e come avete sopperito?
L’esplosione del Coronavirus ha coinciso con la nostra storica manifestazione di piazza, Uova di Pasqua AIL, e questo ci ha fortemente destabilizzati. AIL è composta dalla sede nazionale e 81 sezioni territoriali dislocate in tutta Italia che vivono realtà diverse e, naturalmente, le sezioni più colpite dal virus sono state fortemente penalizzate e hanno dovuto riorganizzarsi al loro meglio. Il racconto delle loro realtà lo stiamo documentando sui nostri canali digitali. Nella sede nazionale, nonostante la situazione, abbiamo reagito tempestivamente senza farci travolgere dagli eventi e quando la responsabile della raccolta fondi AIL, Chiara Tuscano, mi ha chiamata a ragionare insieme sulle possibili soluzioni, abbiamo pensato di creare un bel gruppo di lavoro trasversale con cui siamo passati rapidamente da un interessante e proficuo brainstorming alla realizzazione della campagna emergenziale #IoSonoArischio. Abbiamo guidato il progetto noi del Digital perché eravamo l’area pronta e attrezzata per partire ma è stata una campagna integrata e di grande successo nonostante le molteplici campagne di donazioni “concorrenti” di quei giorni. Questo successo lo attribuiamo anche alla modalità di lavoro che abbiamo strutturato in questa nuova vita dell’Associazione: creare fiducia e alleanza nella decisione della strategia e delle azioni da mettere in campo, integrare gli strumenti di comunicazione, inserire nei progetti le professionalità adeguate.
- L’Italia e le sue aziende si preparano a ripartire con l’obbligo di adottare rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale. Secondo lei come deve affrontare questa nuova era il nostro Paese? Come lo farà AIL?
Credo sia necessaria la prudenza, tanto discussa negli ultimi giorni. Il ritorno alla normalità deve assolutamente essere un processo graduale e guidato, non ci possiamo permettere né di vanificare gli sforzi fatti in questi mesi di isolamento né di fermare la produttività delle aziende. AIL, per esempio, si sta dotando di tutti i protocolli di sicurezza e sta studiando un rientro graduale in sede ma senza fretta. Ancora è fortemente incentivato il lavoro agile che ci ha permesso di essere produttivi da casa nella stessa misura in cui lo siamo in sede. Prudenza e responsabilità.
- La riconversione digitale delle aziende è una tappa fondamentale. Da esperta di digital Communication, come crede che l’economia del nostro Paese risponderà a questa sfida?
L’Italia è sempre stata non proprio al passo su questi aspetti e in questa occasione ha dovuto dare un’accelerata importante al processo di digitalizzazione. Probabilmente siamo all’inizio di un processo virtuoso. Per le aziende è sicuramente un’occasione da cogliere per investire e innovare trasformando questo particolare momento in opportunità. Per fare questo, però, serve una visione strategica delle figure alla guida, che capiscano il potenziale di una vera trasformazione digitale e che la consentano. In molti casi, se questo non succede, la competitività viene sempre meno.
- Il distanziamento sociale riuscirà a diventare un’abitudine con cui convivere per molto tempo?
Dipende molto dalla fase due di questo momento. La fase uno è stata una prova che tutto sommato siamo riusciti a fare fronte in maniera adeguata. La fase due sarà ancora più delicata e ci sono corresponsabilità ben precise, avrà un ruolo delicato chi dovrà stabilire le giuste regole ma sarà decisivo il modo in cui metteremo in pratica ciò che saremo chiamati a rispettare. È una situazione che sicuramente ci porteremo fino al 2021, molto probabilmente, non vedo alternative.

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