Rischi e opportunità della Rete. Daniele Chieffi (Eni): “I social costringono i brand a fare un bagno di umiltà”

Rischi e opportunità per i brand al tempo dei social. Questo è il tema discusso dal nostro panel di esperti alla Festa della Rete. Qui una sintesi di cosa è emerso dall’incontro moderato da Andrea Prandi, uno dei più noti esperti italiani di comunicazione e relazioni esterne.
Con lui al tavolo Daniele Chieffi, Head of social media management e digital PR di Eni, Mariano Tredicini, Social communication and web analysis per Tim, Pier Donato Vercellone, presidente di Ferpi. E Simonetta Giordani, già sottosegretario al turismo e manager d’azienda.
Social media: le opportunità per i brand
I social media hanno rivoluzionato completamente le politiche di comunicazione delle aziende, obbligandole a “fare un bagno di umiltà”, come spiega Chieffi:
«Prima le aziende decidevano cosa comunicare e lo lanciavano all’esterno, senza preoccuparsi troppo delle opinioni dei loro stakeholder. La Rete ha modificato questa logica e costretto anche i brand più noti ad ascoltare i bisogni degli stakeholder per costruire contenuti e relazioni. È un cambio straordinario di paradigma che apre a molte opportunità».
«Essere in Rete per un brand significa, innanzitutto, vivere il mood della Rete. Ascoltare e poi creare dei contenuti che offrano valore ai consumatori. Bisogna cavalcare i trend, senza rischiare, tuttavia, di strumentalizzare o forzare alcune vicende. Pensiamo a quello che è successo con il terremoto e alle aziende che hanno optato per politiche di comunicazione sbagliate», ha spiegato Tredicini di Tim.
Per Donato Vercellone le opportunità in Rete superano di gran lunga i rischi. Il presidente di Ferpi offre alcune regole per una comunicazione efficace:
«Bisogna creare un legame emotivo con gli utenti, e questo non è in realtà molto diverso dallo scopo che ci si prefiggeva nella comunicazione analogica. Oltre a saper fare questo, un brand deve essere coerente, costruire una narrativa efficace (lo storytelling). Essere poi tempestivo nelle risposte e capace di usare i suoi canali per costruire una reputazione sulla Rete».
Simonetta Giordani ha sottolineato i vantaggi dei social media all’interno del comparto turistico, ma anche le sfide che la rete pone al settore culturale:
«I social e il web sono per il turismo una straordinaria opportunità di crescita. Le sfide maggiori sono quelle che dovrà affrontare il mondo della cultura che non ha mai fatto una transizione dall’analogico al digitale. Musei e istituzioni culturali devono aprirsi ai social e possono farlo solo creando competenze e professionisti al loro interno che facciano in qualche modo da pontieri tra il vecchio e il nuovo mondo».
Social media: i rischi per le aziende
Per godere, tuttavia, delle enormi potenzialità della Rete bisogna essere in grado di prepararsi al peggio, alle trappole su social e web in cui i brand possono inciampare.
Tredicini racconta un’esperienza di crisi che ha dovuto affrontare: «Gli errori sui social sono inevitabili. C’è per esempio il manager che sbaglia e posta sul profilo ufficiale dell’azienda convinto che si tratti del suo account personale. Ma questo per me non è un errore grave. Più complesso gestire crisi come è successo a noi quando avevamo programmato un contenuto per il weekend che poi si è rivelato completamente non aderente alla realtà di quel giorno, quando la notizia del giorno era il rapimento di alcuni giornalisti. Per rimuoverlo ci è voluto del tempo poiché i dipendenti del centro media che impieghiamo erano in ferie».
Anche Chieffi racconta due episodi che lo hanno visto protagonista. Il primo è un errore che ha dovuto gestire all’inizio della sua esperienza in azienda: «Era il primo post che facevamo per Facebook, avevamo pensato di usare il marchio del brand (il cane a 6 zampe) e immaginarlo mentre si faceva dei selfie con una didascalia “ I gattini di Facebook ci hanno stancato”. Ebbene, abbiamo dovuto gestire una “crisi” con più di 400 commenti di utenti che ci chiedevano cosa avessimo contro i gattini».
Chieffi racconta poi il grande successo del suo team, quando ha scelto di utilizzare Twitter per replicare alle accuse della trasmissione Report, un caso diventato poi uno dei migliori esempi di gestione di una “crisi” sui social network: «La nostra è stata una scelta precisa. Non potendo accedere allo spazio televisivo poiché Report non prevede la possibilità di un contradditorio in diretta, abbiamo deciso di utilizzare il “second screen” per offrire la nostra versione dei fatti ai telespettatori via social. La chiave del successo? La tempestività e aver giocato sull’effetto sorpresa».
Vercellone ricorda invece le difficoltà nella gestione del caso della Costa Concordia, quando è stato chiamato da Costa Crociere per occuparsi della “crisi” che si era scatenata online: «Ho seguito le prime fasi di rimozione del relitto. Lo scopo che ci eravamo prefissi era di ritrovare la fiducia dei clienti. La missione era ardua perché qualsiasi nostro tentativo di proporre un nuovo racconto sulla Rete, si scontrava con i selfie che gli utenti si scattavano con il relitto della nave alle spalle».
Simonetta Giordani torna sulle sfide e ai rischi che i social comportano per la comunicazione degli istituti di cultura: «Oggi per un museo non essere su web e social vuol dire non esistere. La sfida per la cultura sui social è di comunicare un messaggio in modo semplice, evitando di banalizzare il contenuto. La tecnologia è una necessità di cui non si può fare a meno e apre scenari per ampliare il pubblico interessato all’offerta culturale. Come è successo, per esempio, con l’uso della realtà aumentata nei Fori Imperiali (nel progetto di Piero Angela e Paco Lanciano)».
Social media: come coinvolgere i dipendenti e manager
Una buona politica di comunicazione aziendale sui social passa per il coinvolgimento dei dipendenti e dei manager dell’azienda. Tredicini spiega come Tim abbia adottato delle policy aziendali, che “aiutano i dipendenti a capire come comunicare il brand sui social media per evitare di danneggiarlo”.
Anche Chieffi con Eni ha previsto delle politiche aziendali di questo tipo. In più l’azienda ha deciso di inserire all’interno della strategia di comunicazione anche gli account privati di Claudio Descalzi, l’amministratore delegato di Eni, cosa che in futuro accadrà anche con gli altri manager: «L’idea è quella di costruire una “galassia” nella comunicazione social nella quale “metterci la faccia” a partire dai quadri più alti della dirigenza per poi coinvolgere anche i dipendenti nella realizzazione di una strategia sempre più condivisa».
La battuta conclusiva è di Vercellone che sottolinea come oggi non abbia più senso distinguere tra la comunicazione interna dell’azienda e quella esterna: «Si sta celebrando quella che è la morte di Intranet. Oggi tutta la comunicazione passa per i social e bisogna sempre di più educare e coinvolgere i dipendenti nella comunicazione del brand».

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