Facebook censura le notizie su ordine del governo

Facebook censura i contenuti su ordine del governo thailandese. TechCrunch svela come il social network di Mark Zuckerberg stia bloccando i post di diversi utenti nel Paese per volontà governativa.
La procedura che si ripete da anni in Thailandia e in altri Paesi come la Cina, mette in discussione la mission del social. Come può pensare di “connettere il mondo” se scende a compromessi con alcuni governi che eliminano la libertà di opinione?
La vittima celebre: Andrew MacGregor Marshall
Una delle vittime della censura di Facebook è Andrew MacGregor Marshall. Ex corrispondente per Reuters è una personalità non ben vista dal governo thailandese. Il giornalista è autore di un libro sulla famiglia reale che è stato proibito poiché “è un pericolo per la sicureazza nazionale, per la pace e l’ordine sociale”.
Marshall stesso ha segnalato che alcuni suoi post sono stati bloccati in Thailandia: solo gli utenti di altri Paesi possono visualizzarli.
Marshall è in buona compagnia. TechCrunch parla di altri giornalisti o opinionisti che hanno visto scomparire post dalle loro bacheche perché hanno espresso opinioni sull’elezione del nuove re nel Paese, Maha Vajiralongkorn che ha preso il potere in seguito alla morte di suo padre, Bhumibol Adulyadej.
Come può connettere il mondo se censura?
Più volte Zuckerberg ha dichiarato che ciò che lo ispira è la vision “di connettere il mondo”. Se è chiaro che ogni principio deve scontrarsi con la dura realtà e accettare compromessi (come succede in Cina), dall’altra, è difficile che la missione del social possa accettare di sottostare alle leggi di un Paese che incarcera i suoi cittadini solo per aver espresso un parere sui social, e perfino esclusivamente per aver ricevuto un messaggio.
Facebook è l’unica grande piattaforma social in Thailandia che diventa oggetto dei censori thailandesi. Stessa sorte è toccata a YouTube, a un’app per chattare on line, come anche a diverse testate internazionali, come il Daily Mail o la BBC. Il governo ha infatti rafforzato il controllo sul web, mettendo sotto torchio i circa 20 milioni di “navigatori” del Paese.

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