Facebook ha deciso: non farà nulla (per ora) contro le bufale in Italia

Sul tema delle bufale che circolano online, il dibattito è sempre aperto. In Italia, l’attenzione verso il fenomeno è stata attivata soprattutto attraverso i canali istituzionali. Abbiamo prima visto la proposta del presidente dell’Antitrust, Pitruzzella, definita da più parti come una sorta di ‘tribunale della verità’, che nascondeva rischi di censura. Uno stuolo di polemiche ha accolto anche la proposta parlamentare che prevedeva multe fino a 5mila euro e addirittura il carcere per chi diffonde bufale in Rete. Più di recente, la presidente della Camera Laura Boldrini si è fatta promotrice di un appello contro la circolazione delle false informazioni, attraverso il sito Bastabufale.it e l’hashtag #bastabufale.
Altrove, sembrano soprattutto gli over-the-top ad aver preso in mano la situazione. Già da tempo, Facebook e Google hanno infatti provato a offrire una serie di soluzioni per limitare il fenomeno. Di questo e altri argomenti, ha discusso ieri Luca Colombo, country director di Facebook Italia, durante il Forum dell’Economia Digitale a Milano.
“Uno strumento anti-bufale in Italia? Difficile”
Per il momento si parla solo di test. Come vi abbiamo raccontato, dall’inizio di marzo Facebook sta testando una nuova funzionalità che segnala come ‘disputed’, contestante determinate notizie. Un esempio:
Facebook is flagging links to fake sites now, looks like: pic.twitter.com/N7xaWDkdYA
— Anna Merlan (@annamerlan) March 3, 2017
In pratica, il social ricorre ad alcuni siti di fact checking, per segnalare con un alert le notizie che vengono giudicate false o inaccurate.
«L’attenzione sulle fake news è alta e sia Marc Zuckerberg, sia l’azienda in generale, hanno dato indicazioni e anche preso posizioni rispetto al tema. In America, Francia e Germania sono partiti dei test per ostacolare la diffusione del fenomeno», ha spiegato Colombo.
A quanto pare, però, è ancora presto per vedere uno strumento simile anche sulle Bacheche dei profili italiani: «Ad oggi è difficile dire se e quando questi test si faranno in Italia», ha dichiarato il country manager.
Tempi lunghi
La risposta di Colombo lascia intendere tempi lunghi per la diffusione definitiva del nuovo tool. Il manager spiega infatti che non avrebbe senso «fare un solo test e renderlo globale, per poi scoprire che non funziona. In questo momento, come in tutte le operazioni che facciamo, prendiamo alcuni mercati pilota per vedere se i test funzionano. In caso contrario, cerchiamo di capire come farli funzionare». L’idea è quindi di affinare lo strumento per «capire come arrivare a una soluzione che sia effettivamente efficace per i consumatori».
Ad oggi, Facebook ricorre alla consulenza di alcuni «organi esterni per capire se le notizie segnalate dagli utenti sono o no delle bufale», spiega ancora Colombo. Una dinamica resa esplicita con il lancio del Facebook Journalism Project, che ha rafforzato il legame del social con le media company e gli enti di ricerca e fact checking.
D’altronde, Colombo sottolinea come il problema non riguardi solo Facebook: «Mi permetto di ricordare che la questione non è legata solo al mondo dei social, ma riguarda un po’ tutto il mondo dei media».
Da questa considerazione, nasce con maggiore forza una domanda: è davvero un’azienda privata come Facebook, che solo in parte ha interesse ad affrontare il problema, a dover porre un argine alle bufale online? E con quale pretesa potrebbe (ad oggi non è questo il caso) assegnare patenti di veridicità alle news che circolano liberamente in Rete?
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